Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli Avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli, elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della Giunta regionale che si allega, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370 presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 2 e 13 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, recante «Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, ai sensi degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42», entrambi per violazione per eccesso di delega dell'art. 76 della Costituzione in riferimento agli articoli 1 e 27 della legge di delega 5 maggio 2009, n. 42, unitamente alla violazione dell'art. 10 L.C. n. 3/2001 con riferimento all'art. 119 della Costituzione nonche': quanto all'art. 13 primo periodo e all'art. 2 del decreto legislativo suindicato, alla violazione degli artt. 8, 9 e 10 dello Statuto; e quanto al secondo periodo dell'art. 13 del decreto legislativo suindicato, alla violazione dell'art. 43 dello Statuto. F a t t o Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - serie generale - n. 219 del 20 settembre 2011, e' stato pubblicato il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, «Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, ai sensi degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42» che, al capo III recante le «Disposizioni finali», contiene l'art. 13 «Disposizioni concernenti le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano». Detto articolo recita: «1. La decorrenza e le modalita' di applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonche' nei confronti degli enti locali ubicati nelle medesime Regioni a statuto speciale e Province autonome, sono stabilite, in conformita' con i relativi statuti, con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni. Qualora entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo non risultino concluse le procedure di cui al primo periodo, sino al completamento delle procedure medesime, le disposizioni di cui al presente decreto trovano immediata e diretta applicazione nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.» L'art. 2 del medesimo decreto legislativo disciplina la responsabilita' politica del presidente della Giunta regionale ed, in particolare, dispone: «1. La fattispecie di grave dissesto finanziario, con riferimento al disavanzo sanitario, si verifica in una regione assoggettata a piano di rientro ai sensi dell'articolo 2, comma 77, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, al verificarsi congiuntamente delle seguenti condizioni: a) il presidente della giunta regionale, nominato Commissario ad acta ai sensi dell'articolo 2, rispettivamente commi 79 e 83, della citata legge n. 191 del 2009, non abbia adempiuto, in tutto o in parte, all'obbligo di redazione del piano di rientro o agli obblighi operativi, anche temporali, derivanti dal piano stesso; b) si riscontri, in sede di verifica annuale, ai sensi dell'articolo 2, comma 81, della citata legge n. 191 del 2009, il mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro, con conseguente perdurare del disavanzo sanitario oltre la misura consentita dal piano medesimo o suo aggravamento; c) sia stato adottato per due esercizi consecutivi, in presenza del mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro e del conseguente incremento delle aliquote fiscali di cui all'articolo 2, comma 86, della citata legge n. 191 del 2009, un ulteriore incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale all'Irpef al livello massimo previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68. 2. Il grave dissesto finanziario di cui al comma 1 costituisce grave violazione di legge e in tal caso con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 126, comma primo, della Costituzione, sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale nonche' la rimozione del Presidente della Giunta regionale per responsabilita' politica nel proprio mandato di amministrazione della regione, ove sia accertata dalla Corte dei conti la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1 e la loro riconduzione alla diretta responsabilita', con dolo o colpa grave del Presidente della Giunta regionale. Il decreto del Presidente della Repubblica e' adottato previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere conforme della Commissione parlamentare per le questioni regionali espresso a maggioranza di due terzi dei componenti. Alla riunione del Consiglio dei Ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale interessato. 3. Il Presidente rimosso ai sensi del comma 2 e' incandidabile alle cariche elettive a livello locale, regionale, nazionale ed europeo per un periodo di tempo di dieci anni. Il Presidente rimosso non puo' essere nominato quale componente di alcun organo o carica di governo degli enti locali, delle Regioni, dello Stato e dell'Unione europea per un periodo di tempo di dieci anni. 4. Qualora si verifichino una o entrambe le condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1, il Governo, in attuazione dell'articolo 2, comma 84, della citata legge n. 191 del 2009, nell'esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo 120 della Costituzione, nomina un commissario ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, che sostituisce il Presidente della Giunta regionale nominato commissario ad acta ai sensi dell'articolo 2, commi 79 e 83, della citata legge n. 191 del 2009. 5. Nelle more dell'insediamento del nuovo Presidente della Giunta regionale, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute e sentito il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, nomina un nuovo commissario ad acta per l'esercizio delle competenze del Presidente della Giunta regionale concernenti l'ordinaria amministrazione e gli atti improrogabili. 6. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 3, comma 2, primo periodo, del citato decreto legislativo n. 68 del 2011. 7. Con riguardo a settori ed attivita' regionali diversi dalla sanita' ove una regione dopo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nonche' dei relativi costi standard e la definizione degli obiettivi di servizio, non provveda alla attuazione dei citati livelli e al raggiungimento degli obiettivi di servizio in coerenza con le previsioni di cui all'articolo 18 della legge 5 maggio 2009, n. 42, il Presidente della Giunta regionale e' nominato commissario ad acta ai sensi dell'articolo 8 della citata legge n. 131 del 2003, per l'esercizio dei poteri sostitutivi». Le disposizioni surriportate si profilano illegittime se pur sotto differenti profili per i seguenti motivi di D i r i t t o Violazione per eccesso di delega dell'art. 76 della costituzione in riferimento agli artt. 1 e 27 della legge di delega 5 maggio 2009, n. 42, nonche' dell'art. 10 della L.C. n. 3/2001 con riferimento art. 119 della Costituzione. Il decreto legislativo suindicato, come espressamente risulta dalla titolazione, costituisce attuazione dei principi e criteri recati dagli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42, che, ai sensi della legge di delega, non si applicano alle Autonomie differenziate anche in forza di quanto precisato da codesta Ecc.ma Corte la quale ha rilevato (sent. n. 201/2010) che l'«art. 1, comma 2, della legge n. 42 del 2009 stabilisce univocamente che gli unici principi della delega sul federalismo fiscale applicabili alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome sono quelli contenuti negli artt. 15 22 e 27» e ha ritenuto che di conseguenza non sono applicabili alla Regione Siciliana i principi ed i criteri di delega contenuti in altre disposizioni della medesima legge di delega precisando altresi' che la conclusione enunciata «e' fondata su una sicura esegesi del dato normativo, priva di plausibili alternative». In forza del surriportato disposto della legge delega e dell'interpretazione fornita dalla Corte costituzionale, entrambe le norme degli artt. 2 e 13 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 sono lesive della speciale autonomia della Regione Siciliana per violazione dei parametri rubricati. In proposito e' il caso di ricordare che Codesta Ecc.ma Corte, con sentenza n. 503/2000 ha ritenuto «costituzionalmente illegittimo - per violazione dell'art. 76 della Costituzione - il decreto legislativo 23 aprile 1998, n. 134, in quanto tale decreto disciplina un oggetto estraneo alla delega conferita dalla legge n. 59 del 1997». Codesta Ecc.ma Corte ha, poi, confermato il proprio orientamento con svariate pronunce in relazione alla conformita' della norma delegata alla norma delegante (sentenza n. 425/2000; ed inoltre nn. 292, 276, 163 e 126/2000; nn. 15 e 7/1999; n. 456/1998) precisando che «il giudizio di conformita' della norma delegata alla norma delegante, condotto alla stregua dell'art. 76 Cost., si esplica attraverso il confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli: l'uno, relativo alle norme che determinano l'oggetto, i principi e i criteri direttivi indicati dalla delega, tenendo conto del complessivo contesto di norme in cui si collocano e individuando le ragioni e le finalita' poste a fondamento della legge di delegazione; l'altro, relativo alle norme poste dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi e criteri direttivi della delega» (v., ex plurimis sentenze nn. 276, 163, 126 e 425 del 2000; nn. 15 e 7 del 1999). Ebbene, da una tale valutazione comparativa emerge chiaramente il mancato rispetto della delega e, dunque, la lesivita' delle disposizioni in esame che incidono sulla prerogative statutarie di questa Regione. Inoltre, occorre tenere nella dovuta considerazione il canone interpretativo «lex posterior generalis non derogat legi priori speciali», (sentenza n. 29/1976) che e' stato ampiamente disatteso dalle suindicate disposizioni del decreto legislativo in esame. Considerate le disposizioni del presente decreto legislativo, ritenere applicabili - sia con modalita' e decorrenza da concordare come indicato nel primo periodo dell'art. 13, che in virtu' della clausola di applicazione diretta di cui al capoverso - alle Autonomie differenziate disposizioni che, almeno per quanto riguarda la Regione siciliana, contrastano con le previsioni statutarie contraddice l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha modificato l'art. 119 della Costituzione, costituente principio cardine di tutto il processo di riforma del c.d. «federalismo fiscale» del quale il decreto in argomento fa parte integrante. Detto art. 10 della L.C. n. 3/2001, dispone infatti che «Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite». La conferma da parte di tale disposizione del precedente assetto delle competenze dello Stato e della regione Siciliana e' espressamente sancita dalla L. n. 131 del 2003 recante «Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3», il cui art. 11 rubricato «Attuazione dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» al comma 1 prevede che «Per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano resta fermo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, nonche' dall'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.» Ora, le disposizioni del decreto in oggetto, che hanno appunto quale riferimento l'art. 119 della Costituzione come novellato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, risultano prevedere forme di autonomia per le regioni ben meno ampie di quella gia' attribuita dallo Statuto regionale siciliano. Ne consegue che l'intero articolo 13, che pretende di rendere applicabili nei confronti della Regione norme che ne comprimono l'autonomia e, in particolare l'art. 2, comporti come quest'ultimo, violazione anche dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 con riferimento all'art. 119 della Costituzione. Violazione degli artt. 8, 9 e 10 dello Statuto d'autonomia. Si ravvisa inoltre la violazione delle norme rubricate da parte dell'art. 2, applicabile alla Regione siciliana in forza della previsione dell'art. 13; la suindicata norma disciplina la «Responsabilita' politica del Presidente della Giunta regionale», e risulta nel complesso introdurre presupposti e procedure per la decadenza di organi regionali (Presidente ed Assemblea regionale siciliana) ulteriori e diversi da quelli di cui agli artt. da 8 a 10 dello Statuto. Ne consegue che la disposizione in esame non e' suscettibile di applicazione a questa Regione neanche attraverso norme di attuazione dello stesso Statuto. Al riguardo si rileva che l'art. 2, al comma 1 indica le tre condizioni al verificarsi delle quali si determina un «grave dissesto finanziario» riferito al disavanzo sanitario. In particolare stabilisce che i presupposti perche' la fattispecie si configuri sono: che le tre condizioni indicate si verifichino congiuntamente e in una regione gia' assoggettata a piano di rientro ai sensi dell'art. 2, comma 77 della l. n. 191 del 2009. Le suddette condizioni, indicate alle lettere a), b) e c) sono: a) che il Presidente, gia' nominato commissario ad acta, non abbia adempiuto immotivatamente, in tutto o in parte, all'obbligo di redazione del piano di rientro, ovvero non abbia adempiuto agli obblighi operativi ivi previsti, anche solo dal punto di vista temporale; b) che si riscontri il mancato raggiungimento degli obiettivi del piano medesimo con perdurare del disavanzo sanitario oltre i limiti in esso consentiti o suo aggravamento; c) che sia stato adottato per due esercizi consecutivi un incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale irpef pari al livello massimo previsto, ove non siano stati raggiunti gli obiettivi del piano e si sia proceduto gia' al conseguente incremento delle aliquote fiscali come previsto dall'art. 2, co. 86, l. n. 191 del 2009. I primi due presupposti, gia' ad una prima lettura, appaiono del tutto irragionevoli, in quanto riferiti ad attivita' che il Presidente della Regione svolge come organo statale, in qualita' di commissario ad acta. Il comma 2 configura il predetto grave dissesto finanziario come «grave violazione di legge» ai sensi del primo comma dell'articolo 126 Cost., e conseguente attivazione della procedura sanzionatoria ivi prevista (vale a dire la rimozione del Presidente della Giunta regionale «per fallimento del proprio mandato di amministrazione dell'ente regione»). Il comma 3 prevede un'ulteriore sanzione conseguente alla rimozione del Presidente e la procedura per comminarla (DPCM, adottato previa delibera del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni; le relative controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo). E' prevista, infatti, l'interdizione per dieci anni da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Il comma 4 prevede la riduzione del 30 per cento del rimborso relativo alle spese elettorali sostenute in campagna elettorale per il partito, la lista o la coalizione che presentino nuovamente la candidatura del Presidente rimosso a qualsiasi altra carica pubblica elettiva entro 10 anni dalla rimozione. Gli altri commi dell'art. 2 in esame prevedono ulteriori interventi sanzionatori nei confronti del Presidente della Regione che confliggono con lo Statuto regionale. In proposito si osserva che lo status del Presidente della Regione siciliana e' pressoche' integralmente regolato dallo statuto speciale, come modificato dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2 (Disposizioni concernenti l'elezione diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano), per cio' che concerne i poteri, la durata nella carica (art. 9), la mozione di sfiducia (art. 10), la rimozione dalla carica (art. 8). Si reputa opportuno, in proposito, riportare le norme statutarie suindicate. L'art. 9 dispone che «1. Il Presidente della Regione e' eletto a suffragio universale e diretto contestualmente all'elezione dell'Assemblea regionale. 2. Il Presidente della Regione nomina e revoca gli Assessori, tra cui un Vicepresidente che lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento. 3. In armonia con la Costituzione ed i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con l'osservanza di quanto stabilito dal presente Statuto, l'Assemblea regionale, con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, stabilisce le modalita' di elezione del Presidente della Regione, di nomina e di revoca degli Assessori, le eventuali incompatibilita' con l'ufficio di deputato regionale e con la titolarita' di altre cariche o uffici, nonche' i rapporti tra l'Assemblea regionale, il Governo regionale e il Presidente della Regione. 4. La carica di Presidente della Regione puo' essere ricoperta per non piu' di due mandati consecutivi. 5. La Giunta regionale e' composta dal Presidente e dagli Assessori. Questi sono preposti ai singoli rami dell'Amministrazione». Il successivo articolo 10 disciplina la mozione di sfiducia da parte dell'Assemblea nei confronti del Presidente della Regione e cosi' stabilisce: «1. L'Assemblea regionale puo' approvare a maggioranza assoluta dei suoi componenti una mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Regione presentata da almeno un quinto dei suoi componenti e messa in discussione dopo almeno tre giorni dalla sua presentazione. Ove la mozione venga approvata, si procede, entro i successivi tre mesi, alla nuova e contestuale elezione dell'Assemblea e del Presidente della Regione. 2. In caso di dimissioni, di rimozione, di impedimento permanente o di morte del Presidente della Regione, si procede alla nuova e contestuale elezione dell'Assemblea regionale e del Presidente della Regione entro i successivi tre mesi. L'art. 8 dello Statuto stabilisce, infine, le modalita' di rimozione dalla carica del Presidente della Regione prevedendo che «Il Commissario dello Stato di cui all'art. 27 puo' proporre al Governo dello Stato lo scioglimento della Assemblea regionale per persistente violazione del presente Statuto. Il decreto di scioglimento deve essere preceduto dalla deliberazione delle Assemblee legislative dello Stato. L'ordinaria amministrazione della Regione e' allora affidata ad una Commissione straordinaria di tre membri, nominata dal Governo nazionale su designazione delle stesse Assemblee legislative. Tale Commissione indice le nuove elezioni per l'Assemblea regionale nel termine di tre mesi. Con decreto motivato del Presidente della Repubblica con l'osservanza delle forme ai cui ai secondo e al terzo comma e' disposta la rimozione del Presidente della Regione, se eletto a suffragio universale e diretto, che abbia compiuto atti contrari alla Costituzione o reiterate e gravi violazioni di legge. La rimozione puo' altresi' essere disposta per ragioni di sicurezza nazionale». Dalla comparazione fra i contenuti dell'art. 2 in esame e quelli delle norme statutarie surriportate risulta di tutta evidenza l'illegittimita' costituzionale della predetta norma con riguardo alle prerogative statutarie di questa Regione. Violazione dell'art. 43 dello Statuto d'autonomia. Ulteriormente censurabile risulta infine capoverso dell'art. 13, che - identicamente all'art. 37 del decreto legislativo n. 118 del 2011 in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio, con riferimento al quale questa Regione ha promosso questione di legittimita' costituzionale - prevede la diretta e immediata applicazione, nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano delle disposizioni del decreto nell'ipotesi che non si arrivi nei termini s abiliti a definire le necessarie norme di attuazione. Detta clausola risulta ulteriormente lesiva delle attribuzioni statutarie della Regione perche' arreca un vulnus anche al principio pattizio consacrato nello Statuto. Infatti anche a voler ritenere, diversamente da quanto prospettato da questa difesa, che le disposizioni dei decreto possano applicarsi nei confronti della Regione siciliana cio' non potrebbe avvenire che attraverso la procedura prevista dallo Statuto. Ed invero in tal senso e' esplicita anche la legge di delegazione sia nel secondo comma dell'art. 1, che nell'art. 27 ove prevede che ai principi recati dalla stessa legge gli ordinamenti delle Regioni a statuto speciale e delle Province Autonome di Trento e Bolzano si adeguano «secondo criteri e modalita' stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da definire, con le procedure previste dagli statuti medesimi». E invece il legislatore delegato, inserendo la clausola di cedevolezza surriportata e che oggi si impugna finisce per equiparare in toto a quelle a Statuto ordinario le Regioni a Statuto speciale e le Province Autonome. Al riguardo puo' rammentarsi che un analogo tentativo di mortificazione dell'autonomia speciale e' stato vanificato da codesta ecc.ma Corte costituzionale che, con sentenza n. 383 del 1994, ha giudicato illegittimo, per eccesso di delega e violazione delle competenze in materia di disciplina del pubblico impiego, spettanti alla Regione Friuli-Venezia Giulia e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, l'art. 3 del D.Lgs. n. 470 del 1993. E cio' in quanto anche detta norma, in violazione del principio espresso dalla legge di delegazione, n. 421 del 1992, al cui rispetto il legislatore delegato era tenuto anche in sede di adozione di disposizioni correttive, aveva cancellato la distinzione attraverso cui si era inteso preservare il carattere esclusivo della competenza riconosciuta dagli statuti imponendo anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome l'identico obbligo di adeguare i propri ordinamenti ai principi desumibili dal capo II del titolo II del D.Lgs. n. 29 del 1993. E' percio' di tutta evidenza come il meccanismo di applicazione automatica delle disposizioni delegate, di cui all'art. 13, disposto sempre in violazione delle disposizioni di cui alla legge delega e dell'art.10 L.C. n. 3/2001 con riferimento all'art. 119 della Costituzione, si appalesa in contrasto anche con l'art. 43 dello Statuto. Ne deriva, infatti, specificatamente la sottrazione al negoziato sul federalismo fiscale tra Regione siciliana e Stato di materie per le quali non e' possibile prescindere dal rispetto del principio pattizio ivi consacrato. Ne' la previsione della cedevolezza della disciplina statale mette al riparo dal vulnus delle attribuzioni regionali perche' non avendo lo Stato interesse alla definizione pattizia delle materie de quibus e' probabile che si configuri la condizione di mancato completamento della relativa procedura come pure che, per la stessa ragione, la transitorieta' dell'applicazione del decreto legislativo possa dilatarsi sine die e, comunque, perche' il principio pattizio stabilito dallo Statuto di autonomia e ribadito dall'art. 27 della legge di delega n. 42/2009 subirebbe pregiudizio anche da una deroga temporalmente limitata che avrebbe in ogni caso refluenze sulla speciale autonomia garantita alla Regione.