Ricorso della Regione siciliana, in persona  del  Presidente  pro
tempore,   rappresentato   e   difeso,   sia    congiuntamente    che
disgiuntamente, giusta procura a margine  del  presente  atto,  dagli
Avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli, elettivamente  domiciliato
presso la sede dell'Ufficio della  Regione  siciliana  in  Roma,  via
Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso  con  deliberazione
della Giunta regionale  che  si  allega,  contro  il  Presidente  del
Consiglio dei Ministri pro tempore,  domiciliato  per  la  carica  in
Roma, Palazzo Chigi, Piazza  Colonna  370  presso  gli  Uffici  della
Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,   e   difeso   per   legge
dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale degli articoli  2  e  13  del  decreto  legislativo  6
settembre 2011, n. 149, recante «Meccanismi sanzionatori  e  premiali
relativi a regioni, province e comuni, ai sensi degli articoli 2,  17
e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42», entrambi per  violazione  per
eccesso di delega dell'art. 76 della Costituzione in riferimento agli
articoli 1 e  27  della  legge  di  delega  5  maggio  2009,  n.  42,
unitamente  alla  violazione  dell'art.  10  L.C.   n.   3/2001   con
riferimento all'art. 119 della Costituzione nonche': 
        quanto all'art. 13 primo periodo e  all'art.  2  del  decreto
legislativo suindicato, alla violazione degli artt. 8, 9 e  10  dello
Statuto; 
        e  quanto  al  secondo  periodo  dell'art.  13  del   decreto
legislativo suindicato, alla violazione dell'art. 43 dello Statuto. 
 
                              F a t t o 
 
    Nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  -  serie
generale - n. 219 del 20  settembre  2011,  e'  stato  pubblicato  il
decreto  legislativo  6   settembre   2011,   n.   149,   «Meccanismi
sanzionatori e premiali relativi a regioni,  province  e  comuni,  ai
sensi degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5  maggio  2009,  n.  42»
che, al capo III recante le «Disposizioni finali», contiene l'art. 13
«Disposizioni concernenti le Regioni a statuto speciale e le province
autonome di Trento e di Bolzano». 
    Detto articolo recita: 
    «1.  La  decorrenza  e  le  modalita'   di   applicazione   delle
disposizioni di cui al presente  decreto  legislativo  nei  confronti
delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di  Trento
e di Bolzano, nonche' nei confronti degli enti locali  ubicati  nelle
medesime  Regioni  a  statuto  speciale  e  Province  autonome,  sono
stabilite, in conformita' con i relativi statuti,  con  le  procedure
previste dall'articolo 27  della  legge  5  maggio  2009,  n.  42,  e
successive modificazioni.  Qualora  entro  sei  mesi  dalla  data  di
entrata in vigore del  presente  decreto  legislativo  non  risultino
concluse le procedure di cui al primo periodo, sino al  completamento
delle procedure medesime, le disposizioni di cui al presente  decreto
trovano immediata e diretta  applicazione  nelle  Regioni  a  statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.» 
    L'art.  2  del  medesimo  decreto   legislativo   disciplina   la
responsabilita' politica del presidente della Giunta regionale ed, in
particolare, dispone: 
    «1. La fattispecie di grave dissesto finanziario, con riferimento
al disavanzo sanitario, si verifica in  una  regione  assoggettata  a
piano di rientro ai sensi dell'articolo 2, comma 77, della  legge  23
dicembre 2009, n. 191, al verificarsi congiuntamente  delle  seguenti
condizioni: 
        a) il presidente della giunta regionale, nominato Commissario
ad acta ai sensi dell'articolo 2,  rispettivamente  commi  79  e  83,
della citata legge n. 191 del 2009, non abbia adempiuto, in  tutto  o
in parte, all'obbligo di  redazione  del  piano  di  rientro  o  agli
obblighi operativi, anche temporali, derivanti dal piano stesso; 
        b) si riscontri,  in  sede  di  verifica  annuale,  ai  sensi
dell'articolo 2, comma 81, della citata legge n.  191  del  2009,  il
mancato raggiungimento degli obiettivi  del  piano  di  rientro,  con
conseguente  perdurare  del  disavanzo  sanitario  oltre  la   misura
consentita dal piano medesimo o suo aggravamento; 
        c) sia  stato  adottato  per  due  esercizi  consecutivi,  in
presenza del mancato raggiungimento  degli  obiettivi  del  piano  di
rientro e del conseguente incremento delle aliquote  fiscali  di  cui
all'articolo 2, comma 86, della citata legge  n.  191  del  2009,  un
ulteriore   incremento   dell'aliquota   dell'addizionale   regionale
all'Irpef al livello massimo previsto  dall'articolo  6  del  decreto
legislativo 6 maggio 2011, n. 68. 
    2. Il grave dissesto finanziario di cui al  comma  1  costituisce
grave violazione di legge e in tal caso con  decreto  del  Presidente
della Repubblica, ai sensi  dell'articolo  126,  comma  primo,  della
Costituzione, sono disposti lo scioglimento del  Consiglio  regionale
nonche' la  rimozione  del  Presidente  della  Giunta  regionale  per
responsabilita' politica nel proprio mandato di amministrazione della
regione, ove sia accertata dalla Corte dei conti la sussistenza delle
condizioni di cui al comma 1 e  la  loro  riconduzione  alla  diretta
responsabilita', con dolo o colpa grave del Presidente  della  Giunta
regionale. Il decreto del Presidente  della  Repubblica  e'  adottato
previa deliberazione del Consiglio  dei  Ministri,  su  proposta  del
Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere  conforme  della
Commissione  parlamentare  per  le  questioni  regionali  espresso  a
maggioranza di due terzi dei componenti. Alla riunione del  Consiglio
dei  Ministri  partecipa  il  Presidente   della   Giunta   regionale
interessato. 
    3. Il Presidente rimosso ai sensi del comma  2  e'  incandidabile
alle cariche elettive  a  livello  locale,  regionale,  nazionale  ed
europeo per un periodo di tempo di dieci anni. Il Presidente  rimosso
non puo' essere nominato quale componente di alcun organo o carica di
governo degli enti locali, delle Regioni, dello Stato  e  dell'Unione
europea per un periodo di tempo di dieci anni. 
    4. Qualora si verifichino una o entrambe  le  condizioni  di  cui
alle lettere  a)  e  b)  del  comma  1,  il  Governo,  in  attuazione
dell'articolo 2, comma 84,  della  citata  legge  n.  191  del  2009,
nell'esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo  120  della
Costituzione, nomina un commissario ai sensi  dell'articolo  8  della
legge 5 giugno 2003, n. 131,  che  sostituisce  il  Presidente  della
Giunta regionale nominato commissario ad acta ai sensi  dell'articolo
2, commi 79 e 83, della citata legge n. 191 del 2009. 
    5. Nelle more dell'insediamento del nuovo Presidente della Giunta
regionale, il  Consiglio  dei  Ministri,  su  proposta  del  Ministro
dell'economia e delle finanze, di  concerto  con  il  Ministro  della
salute e sentito il Ministro per i rapporti con le regioni e  per  la
coesione territoriale,  nomina  un  nuovo  commissario  ad  acta  per
l'esercizio delle competenze del Presidente  della  Giunta  regionale
concernenti l'ordinaria amministrazione e gli atti improrogabili. 
    6. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 3,  comma  2,  primo
periodo, del citato decreto legislativo n. 68 del 2011. 
    7. Con riguardo a settori ed attivita'  regionali  diversi  dalla
sanita' ove una regione dopo la determinazione dei livelli essenziali
delle  prestazioni  nonche'  dei  relativi  costi   standard   e   la
definizione degli obiettivi di servizio, non provveda alla attuazione
dei citati livelli e al raggiungimento degli obiettivi di servizio in
coerenza con le previsioni di  cui  all'articolo  18  della  legge  5
maggio 2009, n. 42, il Presidente della Giunta regionale e'  nominato
commissario ad acta ai sensi dell'articolo 8 della  citata  legge  n.
131 del 2003, per l'esercizio dei poteri sostitutivi». 
    Le disposizioni surriportate  si  profilano  illegittime  se  pur
sotto differenti profili per i seguenti motivi di 
 
                            D i r i t t o 
 
Violazione per eccesso di delega dell'art. 76 della  costituzione  in
riferimento agli artt. 1 e 27 della legge di delega 5 maggio 2009, n.
42, nonche' dell'art. 10 della L.C. n. 3/2001  con  riferimento  art.
119 della Costituzione. 
    Il decreto legislativo  suindicato,  come  espressamente  risulta
dalla titolazione, costituisce  attuazione  dei  principi  e  criteri
recati dagli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio  2009,  n.  42,
che, ai sensi della legge di delega, non si applicano alle  Autonomie
differenziate anche in forza di quanto precisato  da  codesta  Ecc.ma
Corte la quale ha rilevato (sent. n. 201/2010) che l'«art.  1,  comma
2, della legge n. 42 del 2009 stabilisce univocamente che  gli  unici
principi  della  delega  sul  federalismo  fiscale  applicabili  alle
Regioni a statuto speciale ed  alle  Province  autonome  sono  quelli
contenuti negli artt. 15 22 e 27» e ha ritenuto  che  di  conseguenza
non sono applicabili alla Regione Siciliana i principi ed  i  criteri
di delega contenuti in altre disposizioni  della  medesima  legge  di
delega precisando altresi' che la conclusione enunciata  «e'  fondata
su una  sicura  esegesi  del  dato  normativo,  priva  di  plausibili
alternative». 
    In  forza  del  surriportato  disposto  della  legge   delega   e
dell'interpretazione fornita dalla Corte costituzionale, entrambe  le
norme degli artt. 2 e 13 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.
149 sono lesive della speciale autonomia della Regione Siciliana  per
violazione dei parametri rubricati. 
    In proposito e' il caso di ricordare che  Codesta  Ecc.ma  Corte,
con   sentenza   n.   503/2000   ha   ritenuto    «costituzionalmente
illegittimo - per violazione dell'art.  76  della  Costituzione -  il
decreto legislativo 23 aprile 1998, n. 134, in  quanto  tale  decreto
disciplina un oggetto estraneo alla delega conferita dalla  legge  n.
59 del 1997». 
    Codesta Ecc.ma Corte ha, poi, confermato il proprio  orientamento
con svariate pronunce  in  relazione  alla  conformita'  della  norma
delegata alla norma delegante (sentenza n. 425/2000; ed  inoltre  nn.
292, 276, 163 e 126/2000; nn. 15 e 7/1999;  n.  456/1998)  precisando
che «il giudizio di  conformita'  della  norma  delegata  alla  norma
delegante, condotto alla  stregua  dell'art.  76  Cost.,  si  esplica
attraverso il confronto tra gli esiti  di  due  processi  ermeneutici
paralleli: l'uno, relativo alle norme che  determinano  l'oggetto,  i
principi e i criteri direttivi indicati dalla delega,  tenendo  conto
del complessivo contesto di norme in cui si collocano e  individuando
le  ragioni  e  le  finalita'  poste  a  fondamento  della  legge  di
delegazione; l'altro,  relativo  alle  norme  poste  dal  legislatore
delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi
e criteri direttivi della delega» (v., ex plurimis sentenze nn.  276,
163, 126 e 425 del 2000; nn. 15 e 7 del 1999). 
    Ebbene, da una tale valutazione comparativa emerge chiaramente il
mancato  rispetto  della  delega  e,  dunque,  la   lesivita'   delle
disposizioni in esame che incidono sulla  prerogative  statutarie  di
questa Regione. 
    Inoltre, occorre tenere nella  dovuta  considerazione  il  canone
interpretativo «lex  posterior  generalis  non  derogat  legi  priori
speciali», (sentenza n. 29/1976) che e'  stato  ampiamente  disatteso
dalle suindicate disposizioni del decreto legislativo in esame. 
    Considerate le disposizioni  del  presente  decreto  legislativo,
ritenere applicabili - sia con modalita' e decorrenza  da  concordare
come indicato nel primo periodo dell'art. 13,  che  in  virtu'  della
clausola di applicazione diretta di cui al capoverso - alle Autonomie
differenziate disposizioni che, almeno per quanto riguarda la Regione
siciliana,  contrastano  con  le  previsioni  statutarie  contraddice
l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3,  che  ha
modificato  l'art.  119  della  Costituzione,  costituente  principio
cardine di  tutto  il  processo  di  riforma  del  c.d.  «federalismo
fiscale» del quale il decreto in argomento fa parte integrante. 
    Detto art. 10 della L.C. n. 3/2001,  dispone  infatti  che  «Sino
all'adeguamento  dei  rispettivi  statuti,  le   disposizioni   della
presente legge costituzionale  si  applicano  anche  alle  Regioni  a
statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano per  le
parti in cui prevedono forme  di  autonomia  piu'  ampie  rispetto  a
quelle gia' attribuite». 
    La conferma da parte di tale disposizione del precedente  assetto
delle  competenze  dello  Stato  e   della   regione   Siciliana   e'
espressamente sancita dalla L. n. 131 del 2003 recante  «Disposizioni
per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla  L.Cost.  18
ottobre  2001,  n.  3»,  il  cui  art.   11   rubricato   «Attuazione
dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» al
comma 1 prevede che «Per le Regioni a statuto speciale e le  Province
autonome di Trento e di  Bolzano  resta  fermo  quanto  previsto  dai
rispettivi statuti speciali e dalle  relative  norme  di  attuazione,
nonche' dall'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre  2001,
n. 3.» 
    Ora, le disposizioni del decreto in oggetto,  che  hanno  appunto
quale riferimento l'art. 119 della Costituzione come novellato  dalla
legge costituzionale n. 3 del  2001,  risultano  prevedere  forme  di
autonomia per le regioni ben meno ampie  di  quella  gia'  attribuita
dallo Statuto regionale siciliano. 
    Ne consegue che l'intero articolo 13,  che  pretende  di  rendere
applicabili nei confronti  della  Regione  norme  che  ne  comprimono
l'autonomia e, in particolare l'art. 2, comporti  come  quest'ultimo,
violazione anche dell'art. 10 della legge costituzionale  18  ottobre
2001, n. 3 con riferimento all'art. 119 della Costituzione. 
Violazione degli artt. 8, 9 e 10 dello Statuto d'autonomia. 
    Si ravvisa inoltre la violazione delle norme rubricate  da  parte
dell'art. 2,  applicabile  alla  Regione  siciliana  in  forza  della
previsione  dell'art.  13;  la   suindicata   norma   disciplina   la
«Responsabilita' politica del Presidente della Giunta  regionale»,  e
risulta nel complesso  introdurre  presupposti  e  procedure  per  la
decadenza di organi  regionali  (Presidente  ed  Assemblea  regionale
siciliana) ulteriori e diversi da quelli di cui agli artt. da 8 a  10
dello Statuto. Ne consegue  che  la  disposizione  in  esame  non  e'
suscettibile di applicazione  a  questa  Regione  neanche  attraverso
norme di attuazione dello stesso Statuto. 
    Al riguardo si rileva che l'art. 2, al  comma  1  indica  le  tre
condizioni al verificarsi delle quali si determina un «grave dissesto
finanziario»  riferito  al  disavanzo   sanitario.   In   particolare
stabilisce che i presupposti  perche'  la  fattispecie  si  configuri
sono: che le tre condizioni indicate si verifichino congiuntamente  e
in una  regione  gia'  assoggettata  a  piano  di  rientro  ai  sensi
dell'art. 2, comma 77 della l. n. 191 del 2009. 
    Le suddette condizioni, indicate alle lettere a), b) e c) sono: 
        a) che il Presidente, gia' nominato commissario ad acta,  non
abbia adempiuto immotivatamente, in tutto o in parte, all'obbligo  di
redazione del piano di  rientro,  ovvero  non  abbia  adempiuto  agli
obblighi operativi ivi  previsti,  anche  solo  dal  punto  di  vista
temporale; 
        b) che si riscontri il mancato raggiungimento degli obiettivi
del piano medesimo con perdurare  del  disavanzo  sanitario  oltre  i
limiti in esso consentiti o suo aggravamento; 
        c) che sia stato adottato per  due  esercizi  consecutivi  un
incremento dell'aliquota dell'addizionale  regionale  irpef  pari  al
livello massimo previsto, ove non siano stati raggiunti gli obiettivi
del piano e si sia proceduto gia'  al  conseguente  incremento  delle
aliquote fiscali come previsto dall'art. 2, co. 86,  l.  n.  191  del
2009. 
    I primi due presupposti, gia' ad una prima lettura, appaiono  del
tutto  irragionevoli,  in  quanto  riferiti  ad  attivita'   che   il
Presidente della Regione svolge come organo statale, in  qualita'  di
commissario ad acta. 
    Il comma 2 configura il predetto grave dissesto finanziario  come
«grave violazione di legge» ai sensi del  primo  comma  dell'articolo
126 Cost., e conseguente attivazione  della  procedura  sanzionatoria
ivi prevista (vale a dire la rimozione del  Presidente  della  Giunta
regionale «per fallimento  del  proprio  mandato  di  amministrazione
dell'ente regione»). 
    Il  comma  3  prevede  un'ulteriore  sanzione  conseguente   alla
rimozione  del  Presidente  e  la  procedura  per  comminarla  (DPCM,
adottato previa delibera del Consiglio dei Ministri su  proposta  del
Ministro per i rapporti con le regioni; le relative controversie sono
devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo). E'
prevista, infatti, l'interdizione per dieci anni da qualsiasi  carica
in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. 
    Il comma 4 prevede la riduzione del 30  per  cento  del  rimborso
relativo alle spese elettorali sostenute in campagna  elettorale  per
il partito, la lista o la coalizione  che  presentino  nuovamente  la
candidatura del Presidente rimosso a qualsiasi altra carica  pubblica
elettiva entro 10 anni dalla rimozione. 
    Gli  altri  commi  dell'art.  2  in  esame  prevedono   ulteriori
interventi sanzionatori nei confronti del  Presidente  della  Regione
che confliggono con lo Statuto regionale. 
    In proposito si  osserva  che  lo  status  del  Presidente  della
Regione siciliana e' pressoche' integralmente regolato dallo  statuto
speciale, come modificato dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001,
n. 2 (Disposizioni  concernenti  l'elezione  diretta  dei  presidenti
delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di  Trento
e di Bolzano), per cio' che concerne i poteri, la durata nella carica
(art. 9), la mozione di sfiducia (art. 10), la rimozione dalla carica
(art. 8). 
    Si reputa opportuno, in proposito, riportare le norme  statutarie
suindicate. 
    L'art. 9 dispone che «1. Il Presidente della Regione e' eletto  a
suffragio   universale   e   diretto   contestualmente   all'elezione
dell'Assemblea regionale. 
    2. Il Presidente della Regione nomina e revoca gli Assessori, tra
cui un Vicepresidente che lo sostituisce in  caso  di  assenza  o  di
impedimento. 
    3. In armonia con la Costituzione ed i principi  dell'ordinamento
giuridico della Repubblica e con l'osservanza di quanto stabilito dal
presente  Statuto,  l'Assemblea  regionale,  con  legge  approvata  a
maggioranza assoluta dei suoi componenti, stabilisce le modalita'  di
elezione del Presidente della Regione, di nomina e  di  revoca  degli
Assessori, le eventuali incompatibilita' con  l'ufficio  di  deputato
regionale e con la titolarita' di altre cariche o uffici,  nonche'  i
rapporti  tra  l'Assemblea  regionale,  il  Governo  regionale  e  il
Presidente della Regione. 
    4. La carica di Presidente della Regione  puo'  essere  ricoperta
per non piu' di due mandati consecutivi. 
    5. La  Giunta  regionale  e'  composta  dal  Presidente  e  dagli
Assessori.    Questi    sono     preposti     ai     singoli     rami
dell'Amministrazione». 
    Il successivo articolo 10 disciplina la mozione  di  sfiducia  da
parte dell'Assemblea nei confronti del  Presidente  della  Regione  e
cosi'  stabilisce:  «1.  L'Assemblea  regionale  puo'   approvare   a
maggioranza assoluta dei suoi componenti una mozione di sfiducia  nei
confronti del Presidente della Regione presentata da almeno un quinto
dei suoi componenti e messa in discussione  dopo  almeno  tre  giorni
dalla sua presentazione. Ove la mozione venga approvata, si  procede,
entro i successivi  tre  mesi,  alla  nuova  e  contestuale  elezione
dell'Assemblea e del Presidente della Regione. 
    2. In caso di dimissioni, di rimozione, di impedimento permanente
o di morte del Presidente della Regione,  si  procede  alla  nuova  e
contestuale elezione dell'Assemblea regionale e del Presidente  della
Regione entro i successivi tre mesi. 
    L'art. 8  dello  Statuto  stabilisce,  infine,  le  modalita'  di
rimozione dalla carica del Presidente della  Regione  prevedendo  che
«Il Commissario dello Stato di  cui  all'art.  27  puo'  proporre  al
Governo dello Stato lo scioglimento  della  Assemblea  regionale  per
persistente violazione del presente Statuto. 
    Il  decreto  di  scioglimento   deve   essere   preceduto   dalla
deliberazione delle Assemblee legislative dello Stato. 
    L'ordinaria amministrazione della Regione e' allora  affidata  ad
una Commissione straordinaria di tre  membri,  nominata  dal  Governo
nazionale su designazione delle stesse Assemblee legislative. 
    Tale  Commissione  indice  le  nuove  elezioni  per   l'Assemblea
regionale nel termine di tre mesi. 
    Con  decreto  motivato  del  Presidente  della   Repubblica   con
l'osservanza delle forme ai cui  ai  secondo  e  al  terzo  comma  e'
disposta la rimozione del  Presidente  della  Regione,  se  eletto  a
suffragio universale e diretto, che abbia compiuto atti contrari alla
Costituzione o reiterate e gravi violazioni di  legge.  La  rimozione
puo' altresi' essere disposta per ragioni di sicurezza nazionale». 
    Dalla comparazione fra i contenuti dell'art. 2 in esame e  quelli
delle  norme  statutarie  surriportate  risulta  di  tutta   evidenza
l'illegittimita' costituzionale della  predetta  norma  con  riguardo
alle prerogative statutarie di questa Regione. 
Violazione dell'art. 43 dello Statuto d'autonomia. 
    Ulteriormente censurabile risulta infine capoverso dell'art.  13,
che - identicamente all'art. 37 del decreto legislativo  n.  118  del
2011 in materia di  armonizzazione  dei  sistemi  contabili  e  degli
schemi di bilancio,  con  riferimento  al  quale  questa  Regione  ha
promosso  questione  di  legittimita'  costituzionale  -  prevede  la
diretta e immediata applicazione, nelle Regioni a statuto speciale  e
nelle province autonome di Trento e di Bolzano delle disposizioni del
decreto nell'ipotesi che non  si  arrivi  nei  termini  s  abiliti  a
definire le necessarie norme di attuazione.  Detta  clausola  risulta
ulteriormente lesiva  delle  attribuzioni  statutarie  della  Regione
perche' arreca un vulnus anche al principio pattizio consacrato nello
Statuto. 
    Infatti  anche  a  voler   ritenere,   diversamente   da   quanto
prospettato da questa difesa, che le disposizioni dei decreto possano
applicarsi nei confronti della Regione siciliana  cio'  non  potrebbe
avvenire che attraverso la procedura prevista dallo Statuto. 
    Ed invero in tal senso e' esplicita anche la legge di delegazione
sia nel secondo comma dell'art. 1, che nell'art. 27 ove  prevede  che
ai principi recati dalla stessa legge gli ordinamenti delle Regioni a
statuto speciale e delle Province Autonome di  Trento  e  Bolzano  si
adeguano  «secondo  criteri  e  modalita'  stabiliti  da   norme   di
attuazione dei rispettivi statuti,  da  definire,  con  le  procedure
previste dagli statuti medesimi». 
    E invece  il  legislatore  delegato,  inserendo  la  clausola  di
cedevolezza surriportata e che oggi si impugna finisce per equiparare
in toto a quelle a Statuto ordinario le Regioni a Statuto speciale  e
le Province Autonome. 
    Al  riguardo  puo'  rammentarsi  che  un  analogo  tentativo   di
mortificazione dell'autonomia speciale e' stato vanificato da codesta
ecc.ma Corte costituzionale che, con sentenza n.  383  del  1994,  ha
giudicato illegittimo, per  eccesso  di  delega  e  violazione  delle
competenze in materia di disciplina del pubblico  impiego,  spettanti
alla Regione Friuli-Venezia Giulia e alle Province autonome di Trento
e di Bolzano, l'art. 3 del D.Lgs. n. 470 del 1993. E cio'  in  quanto
anche detta norma, in violazione del principio espresso  dalla  legge
di delegazione, n. 421 del  1992,  al  cui  rispetto  il  legislatore
delegato era  tenuto  anche  in  sede  di  adozione  di  disposizioni
correttive, aveva cancellato la distinzione  attraverso  cui  si  era
inteso   preservare   il   carattere   esclusivo   della   competenza
riconosciuta dagli statuti imponendo anche  alle  Regioni  a  statuto
speciale e alle Province autonome l'identico obbligo  di  adeguare  i
propri ordinamenti ai principi desumibili dal capo II del  titolo  II
del D.Lgs. n. 29 del 1993. 
    E' percio' di tutta evidenza come il meccanismo  di  applicazione
automatica delle disposizioni delegate, di cui all'art. 13,  disposto
sempre in violazione delle disposizioni di cui alla  legge  delega  e
dell'art.10  L.C.  n.  3/2001  con  riferimento  all'art.  119  della
Costituzione, si appalesa in contrasto  anche  con  l'art.  43  dello
Statuto. Ne  deriva,  infatti,  specificatamente  la  sottrazione  al
negoziato sul federalismo fiscale tra Regione siciliana  e  Stato  di
materie per le quali non e' possibile prescindere  dal  rispetto  del
principio pattizio ivi consacrato. 
    Ne' la previsione  della  cedevolezza  della  disciplina  statale
mette al riparo dal vulnus delle attribuzioni regionali  perche'  non
avendo lo Stato interesse alla definizione pattizia delle materie  de
quibus e'  probabile  che  si  configuri  la  condizione  di  mancato
completamento della relativa procedura come pure che, per  la  stessa
ragione, la transitorieta' dell'applicazione del decreto  legislativo
possa dilatarsi sine die e, comunque, perche' il  principio  pattizio
stabilito dallo Statuto di autonomia e ribadito  dall'art.  27  della
legge di delega n. 42/2009 subirebbe pregiudizio anche da una  deroga
temporalmente limitata che  avrebbe  in  ogni  caso  refluenze  sulla
speciale autonomia garantita alla Regione.